Tratto da “Vita Trentina” del 5 settembre 2010 – testo di Piergiorgio Cattani
Sono stati quattro giorni di passioni e pensieri forti quelli che hanno animato a Roncegno la trentesima edizione della scuola di formazione della Rosa Bianca, l’associazione di area cattolico democratica che proprio da trent’anni affronta i temi più profondi e urgenti dalla fede alla politica, dalla cultura all’impegno sociale. Un movimento di cristiani impegnati che opera spesso ai margini e alla periferia delle altre correnti di pensiero che sembrano guidare il mondo ecclesiale e politico italiano, ma che ha saputo ugualmente o proprio per questo interpretare i grandi cambiamenti avvenuti in questi lustri: la fine dell’unità politica dei cattolici, la crisi di Tangentopoli, l’ambiguo rapporto dello Stato con la legalità, l’ascesa di Berlusconi, l’epocale fenomeno dell’immigrazione, il difficoltoso cammino della Chiesa. Recuperare tutti questi fili per poi ritessere un ordito che dia un senso di speranza per il futuro è il compito che si è data la Rosa Bianca. A Roncegno si sono incontrati ogni giorno circa una novantina di partecipanti che hanno potuto riflettere insieme a docenti universitari e magistrati, sacerdoti e testimoni dell’impegno in favore dei poveri e degli emarginati. L’impostazione generale di questi quattro giorni formativi si fonda sul tentativo di far dialogare un orizzonte di fede (nucleo imprescindibile come ha testimoniato la presenza di Lisa Cremaschi, monaca della comunità di Bose, che ogni mattina teneva la lectio divina) con le nuove sensibilità laiche e religiose e con un mondo sempre più complesso e interdipendente.
Due simboli hanno accompagnato la scuola: il fuoco e il vento. Nella sua relazione introduttiva la presidente della Rosa Bianca, Grazia Villa, ha ripreso un verso della poetessa russa Olga Sedakova: “Là nel suo deserto traboccano di semi meravigliosi i panieri di stelle e va tranquillo in tutta la statura tra i solchi il Seminatore di lacrime ispirate e pentimento: solo nel fuoco si semina il fuoco”.
In un’epoca di “passioni tristi”, in cui la democrazia segna il passo trasformando i cittadini in sudditi ed escludendo i poveri ed i diversi, in cui la giustizia è “spezzata e disprezzata” e in cui la Chiesa arranca, occorre recuperare secondo Villa un pensiero forte capace di riscaldare come fuoco e soffiare come vento. Una passione vera che si declina in uno sguardo sulla storia “attraverso il lume delle vittime”, nel “custodire le fedi, coltivare le speranze, nutrire la gioia”, nell’“accettare le nostre finitezze come risorse dell’infinito”. Una passione che significa anche decisa appartenenza alla Chiesa, senza però esimersi da un giudizio spesso dolente e critico (vedi intervista).
Questo il quadro ideale in cui si sono susseguiti gli interventi tra cui molto partecipato è stato quello dedicato al tema della legalità (uno degli aspetti più cari alla Rosa Bianca) che ha visto tra i protagonisti il sostituto Procuratore di Reggio Calabria Mario Andrigo: “La regione in cui opero è l’emblema del fatto che ormai non esiste più una dicotomia netta tra legalità e illegalità, tra Stato e mafia”.
Recuperare il senso reale delle parole nell’Italia in cui la politica e la società civile vivono una crisi evidente è un compito gravoso e impellente per chi si proclama cristiano e cittadino. Recuperare il significato dell’accoglienza e del limite, due termini ricorsi sia nel dibattito sul fine vita sia nella tavola rotonda finale sull’odierna situazione politica e sul federalismo. Forse il punto più significativo l’ha colto Massimo Toschi, già assessore regionale della Toscana, con queste parole: “Se vogliamo riconciliare il paese bisogna ricostruire i cristiani, il resto sono chiacchiere”.